4 mostre a cura di Marco Scotini



Maria
Papadimitriou
8.02/25.03.2007
Santiago
Cirugeda
10.05/08.07.2007
José
Dàvila
05.10/18.11.2007
Vangelis
Vlahos
06.12/27.01.2008


Lungo la durata di un intero anno saranno proposte quattro mostre personali, affidate ad altrettanti importanti artisti internazionali, che focalizzano la propria attenzione sulle strategie di riappropriazione della città contemporanea. Maria Papadimitriou, Santiago Cirugeda, José Davila, Vangelis Vlahos sono stati invitati a immaginare uno spazio urbano flessibile, collettivo e temporaneo e a produrre, dentro l'affascinante sede dell'ex chiesa seicentesca sede dell'Associazione Culturale Borgovico 33, un padiglione in scala reale, che sia modello di intervento e di azione urbana. Il progetto - che intende prendere le mosse dalla concentrazione a Como di modelli d'architettura modernista, per poter riflettere sulla trasformazione del paradigma urbano e sociale all'interno della città globale è iniziato l'8 febbraio 2007 con l'esposizione dedicata a Maria Papadimitriou. Seguiranno quelle di Santiago Cirugeda in maggio, di José Davila in ottobre e Vangelis Vlahos in dicembre.


Come ricorda Marco Scotini "Il fallimento della pianificazione modernista, e la nuova attenzione dimostrata dalla metà degli anni Novanta per le storie di pianificazione "dal basso", ha esteso l'interesse per le forme di partecipazione diretta ai modi con cui si costruisce la città globale. La stessa definizione di "città contemporanea" ha cominciato ad essere utilizzata per designare una formazione diversa e inedita rispetto a quella della "città moderna". La frammentazione e l'urbanità informe, le tattiche di auto-organizzazione, la figura dei vuoti urbani, la transitorietà e la precarietà dei nuovi soggetti sociali hanno ricondotto il modello astratto modernista alla prassi concreta postfordista. Ogni attuale proposta di costruzione urbana è anche un tentativo di decostruzione della supposta neutralità dell'International Style e della sua pretesa di trascendere frontiere culturali e identità nazionali".

Se negli anni Sessanta si è parlato di "cinema-diretto" come mezzo di contatto tra cineasta e situazione filmata e Beuys all'inizio degli anni Settanta apriva a Documenta 5 un "ufficio per la democrazia diretta" e se molte pratiche contemporanee riportano all'ordine del giorno l'idea di "azione diretta", con Direct Architecture. Politics and Space si allude ad una sorta di cantiere permanente in cui si realizza la città in tempo reale.

Il progetto sarà corredato da un catalogo, che verrà pubblicato al termine dell'intero ciclo di mostre.



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